
La “M” di McDonald’s… sicuri sia una “M”?
È il 1953, l’hamburgeria dei fratelli McDonald apre il suo ristorante a Downey in California.
I due fratelli hanno in mente un modo innovativo per servire i clienti: una specie di catena di montaggio per l’assemblamento dei deliziosi hamburger.
Un successo strepitoso.
Era appena nato quel tipo di ristorazione che piano piano avrebbe preso piede in tutto il mondo:Dick e Mac McDonald avevano appena inventato il fast food.
Il problema è che ad accorgersene fu qualcun altro…
Ray Kroc è un modesto venditore di bicchieri di carta e frullatori.
Un bel giorno del 1955 viene incaricato di consegnare un ordine di otto frullatori nel ristorante dei due fratelli.
È così che ha inizio la storia del ristorante più famoso del pianeta.
Ray Kroc intuisce, con più chiarezza dei suoi inventori, che il fast food sarebbe stata un’idea vincente.
Così nel 1961 acquista tutto per 2.7 milioni di dollari e diventa proprietario esclusivo di quello che sarebbe diventato il ristorante più famoso e frequentato del globo.
“M” o non “M”?
Ma veniamo alla nostra “M”, che non è una “M”.
Il logo di McDonald ha subito, negli anni, diversi restyling.
Questo logo è il primo in assoluto:
Come siamo arrivati dunque alla nostra meravigliosa finta “M” gialla?
Il logo di McDonald ‘s, simile a come lo conosciamo, prende vita subito dopo l’acquisto dell’azienda da parte di Ray Kroc.
Ma neanche questa è un idea sua, bensì dei vecchi proprietari.
Quando nel 1953 i fratelli McDonald avevano aperto il loro ristorante, Dick si era posto il problema di creare qualcosa di particolare a livello architettonico per attrarre i clienti e aveva pensato alla costruzione di due grandi archi dorati ai lati del locale.
Adesso guardate questa foto, immaginate di essere davanti al locale e di spostarvi verso destra.
Ecco quello che vi apparirà:
E’ esattamente quello che fece il grafico Jim Schindler, incaricato da Ray Kroc di riprogettare il logo dell’azienda.
Ebbene sì il logo di McDonald non è una “M” o almeno non nasce con quell’intento, anche se è lecito pensare che la coincidenza abbia giocato un ruolo fondamentale nell’opera di branding.
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